sabato 27 dicembre 2014

Summertime.

E stavano lì, a guardarti, sulla soglia dell'incoscienza, incisione sulla pelle di un protagonismo celato, sembravano imbottiti come panini. Pieni di aria fritta e di qualche bicchiere di troppo.
Le guance rosse come mele,  a disegnare la vergogna. Un boccone andato di traverso.
L'ennesimo.
Tu lo sapevi anche questa volta, un'altra perdita. Un'altra sconfitta. Gli occhi a cercare altri occhi, che, immancabilmente, si abbassavano come saracinesche dei negozi, all'ora di chiusura. Normale amministrazione. 
Scena di sempre con un buon remake.
Le opzioni erano due: andarsene o restare.
L'istinto chiamava la prima. Senza dubbio.
L'incoerenza, no.
Non eri fatta per pensare troppo.
Eri per le decisioni al volo, per le cose pratiche. Poca poesia, molto realismo.
Troppa memoria. Ti ha sempre fottuto, la memoria.
Quel maledetto richiamo del tempo,  dei luoghi,  delle persone. Dei fatti.
La memoria, non c'è niente da fare, porta sempre a destinazione. Della verità.
Erano le ore 14 e 11 minuti di un freddo pomeriggio d'inverno.
Il gelo ti bruciava le mani.
La voce interrotta da un pensiero...
Non avevi puntini di sospensione a sufficienza.
A vestire quello strano pomeriggio, ti venne incontro anche la malinconia, quella stronzetta con la faccia da schiaffi, che insorgeva sempre nei momenti peggiori.
Un bel giro stretto di sciarpa e l'avresti strozzata volentieri. Con i guanti di lana, poi, avresti occultato il cadavere. E chi si è visto, si è visto. E, invece no. Te la tenevi stretta addosso, la tua inquietudine, come la copertina di Linus.
Brava te, scema e impavida.
Erano le 14 e 28 minuti primi, ferma da 17 minuti in una stazione quasi deserta, fra i fiocchi di neve e le luci di un natale smarrito e, non si vedeva ancora nessuno.
Hai sempre odiato aspettare. 
Il senso dell'attesa ti ha sempre dato l'idea di una inutile perdita di tempo.
Come andare dal parrucchiere, dal medico o dal commercialista... sei lì che pensi sempre a quante altre cose avresti potuto fare. Nel mentre.
Paranoica e alienata quanto basta.
Mutevole, fluttuante. Come il mare che ti porti dentro.
Fredda come il clima che ti attraversa. Glaciale.
Forte e florida come le tue colline.
Un connubio quasi fatale per non farsi amare abbastanza o per farsi amare troppo. 
Qui non arriva nessuno.
È quasi un'ora che aspetti.
L'ultima sigaretta. Qualcosa è andato storto.
Tanto per cambiare.
Inutile farsi domande.
Hai smesso di deluderti quando hai imparato a non illuderti più.
C'è un sole sbiadito, come la tua faccia, a fare capolino.
Il telefonino che squilla.
Janis Joplin ti urla nelle orecchie. E tu, che non senti più niente.
Summertime.
Rimane il rumore dei passi sulla neve, e tu, con la tua fierezza, che riporti a casa un sorriso di circostanza.

Petite

domenica 7 dicembre 2014

Mi perdo in un pezzo di cielo e mi ritrovo in un quadrato di asfalto.




Asettica.
Ho frasi fatte pronte da distribuire.
Un nuovo costume di scena.
Un altro sorriso di riserva sempre pronto all'uso.
Sono distratta. 
Fuori piove. Dentro un po'.
Tu che non mi vedi.
Io che non ti sento.
Ho perso il conto delle rinunce.
Mentre pago caro quello delle scelte.
Manca sempre un pezzo. Un vuoto da riempire.
Uno sfondo da colorare.
Che poi esco dai contorni, sempre.
È più forte di me.
Poi rientro e ci riprovo ma, ci ricasco di nuovo.
Butto giù un sorso, mentre sfoglio momenti.
Non c'è verso di ammazzare i pensieri.
Sono un serial killer fallito.
Sono loro che ammazzano me.
Immancabilmente.
Continua a piovere.
E, io continuo a fumare.
Credo ci sia un'associazione fra le due cose.
Non so ancora quale.
C'è un maglione di lana che mi copre le spalle.
Non è per il freddo che l'ho messo su.
Un silenzio, che fa eco, nell'anticamera della mia testa, mi fa compagnia.
Un applauso che non ho colto.
Un fischio e qualche fiasco da collezionare.
Punti di sutura aperti da rifare.
Sbaglio sempre i tempi. I luoghi. Le persone.
Ne prendo atto.
Sono un gran casino.
Mi perdo in un pezzo di cielo e mi ritrovo in un quadrato di asfalto.
Pecco per principio e non faccio mai penitenza.
Distratta. Non perdo un colpo.
Lasciatemi in pace. Voi che non mi capite.
Lasciatemi stare.
Io mi sto tanto bene così.
Con i miei dubbi e le mie certezze.
I miei affanni e le mie inquietudini.
I miei alti e bassi.
I miei reflussi d'insofferenza.
Con le mie eclissi umorali.
Le assenze ingiustificate.
Lasciatemi il vizio di sbagliare.
In un modo o nell'altro il mio prezzo lo pago.
Lasciatemi l'illusione del sogno che diventa realtà.
Io voglio credere ancora a Babbo Natale.
Io voglio ancora stupirmi.
IO.

domenica 2 novembre 2014

Essenzial_mente

Mi nutro di essenziale e ne faccio indigestione.
Il super_fluo lo lascio agli eterni insoddisfatti.
A chi non si accontenta mai.
A chi non si appartiene.

Ho un buono odore e questo mi basta.
M'incanto e mi emoziono.
M'incazzo e sorrido.
Mi rilasso e godo.

I sogni li metto in valigia.
Insieme ai bisogni.
Per i miei viaggi infiniti.
Le speranze? Le perdo spesso.
Ma poi le ritrovo.
Come le necessità.

Ai disillusi lascio la paura.
Io mi tengo stretta il mio coraggio.
Ai benpensanti lascio la parola.
Io preferisco i fatti.

Alla calma prediligo le parolacce.
All'incoerenza la coerenza.
Sono per l'oggettività.
Per le scuse, se sbaglio.

Non tollero le bugie.
Meglio un'amara verità.
All'assenza preferisco l'essenza.
Alla luce, il buio.

Non torno mai indietro.
Guardo sempre avanti.
Amo il silenzio e la solitudine.
Amo le urla dei bambini.

Vivo di paradossi.
Sono tutto e niente.
Non sono speciale.
Ma sono il mio tipo.

Mi basto. E mi avanzo.

Petite

domenica 26 ottobre 2014

(U)mani Mani(e)





Erano mani
Sulle punte delle dita
Cerchi su un tavolo
A definire istanti
Piccoli battiti
Erano graffi all'anima
E poi carezze stanche
Righe solitarie
A tracciare confini
Margini di filo spinato
nell'anima
Erano pieghe fra i pugni
Futuro nei palmi
Segni sui polsi
Traiettorie di abitudine
Morsi sulle unghie
Mani(e)
Erano mani
In cerca di rifugio
In altre mani
In cerca di te(mpo)
Perse tra i no(i)
Erano giorni
In cerca di (do)mani
sussurri smarriti
(Ri)mani

martedì 14 ottobre 2014

Di_vento d'autunno

Di_vento d'autunno
Fra i capelli di fieno
Carezza che non ebbi
Fra palpebre chiuse
Come ali di farfalle
Stanche
Voli al finire
In ricordi ingialliti
Di nuova stagione
Fra foglie che cadono
Pensieri spogli
Restano
A colorare un silenzio
Che diventa poesia
Di ogni goccia che piove
Sulle mani scivola
Come traccia
Indugia
Sviscerando
L'anima.

Petite

lunedì 29 settembre 2014

Isa. Bella.


























Isabella che era bella per tutti ma, Isa per pochi.
Profumava di fresia e vestiva di rosa.
Aveva occhi d'autunno pieni di pioggia, dove, spesso, scendeva la nebbia,
labbra morbide e carnose in cui il sole smaniava per morire.
Isabella non aveva mai tempo.
Non aveva mai modo.
Non aveva mai voglia.
Era sempre in ritardo e il ritardo era sempre in lei.
Fremeva di vita e ne aveva paura.
Bruciava in fretta. Come brucia la passione.
E, intanto, raccoglieva il coraggio. Ovunque.
Troppo spesso nel posto sbagliato.
Isabella rideva e fumava, nervosa come un gatto in agguato.
Leggeva Rimbaud e Palahniuk e si regalava ciò che la vita le negava.
Nei suoi tempi morti sognava,
sdraiata sul suo letto a una piazza,
cuffie grandi sulle orecchie e gli occhi chiusi,
in quel buio così silenzioso e assordante, sognava.
Sognava l'amore.
Isabella che era bella per tutti, ma Isa per pochi.
Isa che un giorno si perse per amore.
Che incrociò occhi sbagliati,
che l'amore lo fece col nemico.
Bella con le mani legate,
la testa china sul collo, e una piega triste sulle labbra.
Isabella che nel suo amore morì di solitudine,
Isa che diventò la vittima di Bella.
Bella che diventò il carnefice di Isa.
Isabella con le mani legate.
Isabella che non sogna piú.

Voce del verbo Amare

















Pensavo ad un tempo presente infinito, o ad un imperativo sempre presente, di una coniugazione in are.
Voce del verbo AMARE.
Verbo della prima coniugazione.
Chè poi c'è la coniugazione attiva e quella passiva. E, bisogna starci attenti.
Chè il verbo amare è transitivo. 
Lo avevo capito.
Ché il verbo amare può essere coniugato nella forma pronominale: amarsi.
Bellissimo.
Pensavo a te. Anche in modo gerundio. Sempre presente.
Pensavo a noi. Terza persona plurale.
Modo indicativo, tempo imperfetto.
Io, sempre in prima persona.
Singolare, di certo. Femminile. Sicuro.
E, poi ci sei tu. Maschile come pochi.
Singolare, senza dubbio.
Ché il verbo amare è regolare.
Che il verbo, in generale, diventa la parte più variabile e importante del discorso visto che si deve adattare alle varie situazioni: cambia a seconda del modo, del tempo, e della persona, e, proprio per questo deve essere usato bene.
Bisogna plasmarlo. Renderlo idoneo.
Amare è un verbo difficile e meraviglioso.
In forma passiva e attiva.
Amarsi è da preferire. Comunque.
In tutti i modi, in tutti i tempi, al maschile, al femminile, al plurale, al singolare.
Amarsi. Un po' di più. Un po' meno in fretta.
Io.
Tu.
Egli.
Noi.
Voi.
Essi.
Amarsi per amare.

lunedì 22 settembre 2014

Nuvola 43




















Vorrei scriverti una lettera.
Che profumi di carta e inchiostro.
Che sa di me. Un po' amara.
Che sa di te. Un po' incerta.
Volevo scriverti che ancora sogno.
Che i miei sogni hanno le nuvole e le assenze,
il vento negli occhi e la salsedine sulle labbra.
Che sogno sempre in bianco e nero.
Non so il perché.
Ché tu non ci sei mai. Ma è come se ci fossi.
Volevo scriverti una lettera di sola andata,
che tu potessi stringere fra le mani,
senza mittente, senza itinerario.
Trovata quasi per caso,
fra il disordine del tuo quotidiano.
Ti avrei detto tutte le cose che non ti dico,
dei miei giochi di pensiero fra luci e ombre,
dei caffè di cui abuso
e, delle sigarette che brucio come chilometri.
Ti avrei chiesto delle poesie,
quelle in cui non scrivi più di me,
in quale soffitta sono finite,
dentro quale cartone,
contrassegnato come.
Poi, ti avrei detto delle persone che incontro,
quasi per caso, e di come le osservo,
cercando qualcosa di me e di te.
Qualcosa che non trovo mai.
Ti avrei scritto che mi sto perdendo,
fra il buio e la solitudine
nel rumore dei tuoi passi.
Ché la notte comincia a farmi paura
e che il giorno m'invento persona.
Che a volte urlo, ma solo dentro.
Ché poi sto bene anche se non è vero.
Volevo scriverti una lettera per parlarti di me,
di come vivo, di come muoio.
Delle migliaia di volte in cui rinasco,
delle volte in cui mi spengo.
Volevo scriverti una lettera,
ma sono rimasta fuori tempo.
Fuori dagli spazi.
Fuori dalle righe.
Fuori di me.


sabato 13 settembre 2014

Sono quella che so(g)no.


Sono quella che so(g)no...
Nei miei passi avanti senza guardare indietro,
in uno fra i tanti traslochi del cuore,
negli abbracci in cui non mi sciolgo,
nei saluti che nego.

Sono quella che so(g)no...
fra le stringhe delle scarpe e i legami dell'anima,
con i ciao tra i denti e gli addii nelle mani,
tra i viaggi di andata e quelli di non ritorno.

Sono quella che so(g)no...
in un porto di mare,
in un cielo aperto,
fra il verde degli ulivi e le piazze di cemento.
Persa in un messaggio in bottiglia.
Che colleziono.

Sono quella che so(g)no...
Che non dorme mai.
Che non si accompagna.
Che si guarda ma non si vede.
Che si sposta e continua a inciampare
nell'unica faccia che ritrovo ad aspettarmi, sempre.
La mia.

Sono quella che sono.

Petite

venerdì 5 settembre 2014

M'ingannò il tuo sguardo di_verso.




Aveva l'odore di un giorno di pioggia che sa di autunno e di more,
una mano nei capelli, distratta, fugace, ferma nel ricordo di un soffio di fiato, 
sospiro e morsa di un tempo divorato dal tempo.
In_coscienza e riparo del cuore.



Aveva parole e versi con i giorni contati.
Sciacalli del cuore a braccargli i sogni, a rubargli le rime.
Aveva lacrime interrotte dalle paure, 
singhiozzi soffocati dalla rabbia,
angoli tesi di labbra in cui nascondeva spicchi di sole.

Si guardava intorno, con le mani nelle mani, 
con l'anima sgualcita e la pelle spiegazzata,
fra i dubbi e i fogli bianchi pieni di ansia.
Non aveva cielo nè stelle.
Solo vento e pioggia a mordergli la faccia.
Non aveva casa. 
Isole panchine e giornali. Finestre di cartone.

Non aveva più un credo né un dio. 
Non conosceva salvezza o redenzione, nessuna remissione dei peccati.
Una vita svitata. Come la sua testa.
Granelli di sabbia nei piedi nudi a segnare chilometri di strada bruciata. 
Percorsi sbagliati. Incroci fatali.
Sorpassi azzardati. 

Chiudeva gli occhi, lui. Anelava il sonno.
Faceva l'amore col sonno. 
Dormire lo teneva in vita e lo faceva morire. 
E, forse, era l'unica cosa che riusciva ancora a farlo sognare. 

mercoledì 30 luglio 2014

Incerto, mentre speri.





All'improvviso, fra le estremità dei miei tempi, nelle mani e negli occhi, ritrovo i miei sogni. 
Angoli amari fra bocca e cuore dove si annidano i dubbi.
Fra le linee rette del quotidiano, tra gli anfratti dell'inconscio, evaporano. Vivi.
Emergono profumi. Emergono istanti.
Emozioni. Frammenti. Stelle.
Sotto questa luna fiera e bugiarda... 
C'è una notte, ancora, da sognare. 

giovedì 17 luglio 2014

Non darmi le spalle.

Vorrei raccontarti di quei cuori tracciati su un foglio di nascosto,
tra una telefonata e una boccata di fumo,
di quando il segno raggiunge il centro e lo preme come punto d'incontro,
nel perimetro di_stanze vuote,
fra le pieghe e le piaghe della pelle, dove si immedesimano i sensi e si scaraventano le emozioni.

Vorrei dirti dei miei vestiti nuovi, colori per le labbra e per le guance,
e delle mie borse sotto gli occhi,
di quella riga viola che traccia il confine alla stanchezza,
Vorrei raccontarti delle parole che non trovo, che poi sembrano inutili se messa tutte in fila.
Di quando sciolgo i capelli e spengo le luci, aspettando che il tuo sguardo m'illumini.

Vorrei dirti del fiato che perdo a rincorrerti, mentre il tempo mi ruba gli anni e i pensieri e, una donna che non sono più continua a bussare al mio dannato specchio, chiedendomi il nuovo indirizzo che non ho.

Vorrei raccontarti del tempo che perdi, in cui mi perdi, fra le dita che non stringi, dentro pupille distratte e assorte nel cammino dei tuoi intenti,
dove i cieli restano cupi e le strade non finiscono mai.
Vorrei parlarti di come si cresce, giorno per giorno,
laddove iniziano le rughe d'espressione,
e, in quello scoglio, s'infrange il mare.

Vorrei camminarti a fianco, nei soli del mattino,
reggerti il cielo così che non ti crolli addosso e respirarti piano,
mentre sorridi incerto, fra mille volti, fra  terra e nuvole.

Fra te e me.

Petite

lunedì 26 maggio 2014

Vuoto di luna e... aspetti.





Io che tiravo troppo la corda e tu che trattenevi il fiato.
Spigoli senza protezione a raccogliere colpi accidentali e distratti,
reti a intrappolare umori e distanze, e 
nuvole accoglienti ad ingannare il volo dei forse e dei mai, 
la panchina dei però mi faceva compagnia da sempre, come un cane fedele,
senza allegria e con poca speranza.
Avevo esaurito il tempo e, forse, il tempo aveva esaurito me.
Maneggiavo con cura le emozioni, 
assicurandomi che fossero ben sigillate dentro a un vetro da rompere,
"solo in caso d'emergenza".
Fumavo una sigaretta senz'anima, bruciandone l'essenza, 
guardavo un orizzonte sempre più lontano, 
osservavo le mie mani sempre più adulte, 
uno smalto di un colore che non era il mio,
mani a cui qualcuno, un giorno, aveva regalato qualche verso di poesia: Piano_forte.
Un alternarsi di colori in sincronia, 
come il battito del mio cuore quando si perde e poi si ritrova 
tra le pieghe dei sensi fra un risveglio e l'altro, 
con gli occhi ancora stropicciati da una notte in bianco e da un giorno nero.
Piano_forte. 

Un suono che si ripete. 
L'inganno e l'incanto dei paradossi.

mercoledì 16 aprile 2014

Di_scordanti ab_negazioni




Ci siamo attraversati in lungo e in largo, sconfinando in cieli aperti e (di)stanze chiuse, rubandoci gli occhi e graffiandoci le mani, in quelle notti senza fine e di quei giorni senza inizio, dove il caffé diventava freddo e i posacenere ansimavano colmi di cicche e pensieri (s)fumati.
Capelli arruffati e pelle consumata, normalitá frantumata dalle scosse dei sensi. 
Vita che mordeva forte, in un piglia e lascia intermittente, valigie (s)fatte con gioia e poi con rabbia.
Risate e pianti e soli e lune, colonne sonore di un tempo senza tempo.
Il gioco. Le paure e i muri, le chiavi e i lucchetti, le porte, quelle aperte, quelle chiuse.
I non ritorni e le attese. Le pretese. Le sorprese.
Protagonisti nel vento di cieli plumbei e nevi da sciogliere, alleati nei sogni, scostanti nella realtà.
Spettatori di un destino assurdo e burlone, dove l'unica scelta é soccombere. C(r)edere.
In stand-by incasso i colpi inflitti da umori distratti e da occasioni mancate, da sguardi persi e carezze (s)contate.
Di mani pro_tese ne ho piene le tasche, la tappezzeria sulle pareti ha fatto la muffa.
Io no, so ancora spogliarmi e rivestirmi di nuova pelle, ho ancora il (bi)sogno dei palpiti, dello straordinario, di morsi e le ferite, e poi le cure.
Di rubarci gli occhi e di graffiarci le mani. Sempre.
Di scorrere il cielo e leggere le stelle.
Dei miei cinque sensi pretendo il risveglio.
Io che rinasco e muoio mille volte e, che nel mezzo non ci so stare.

Regalamelo tu il sesto senso.

Petite

Allontana_menti

                                  Aภу๓๏г




Si é spento il sole in un ritor_no di corde vocali asciutte, fra nuvole colme di lacrime, il mare grosso dentro.
Di tutti quegli occhi, di_amanti preziosi, di terre lontane e ciocche di capelli distratte, e il r_umore delle risate smorzato da abat-jour senza anima... Di quei pieni fino all'orlo e poi, di quei vuoti a perdere. 
Senza. Es_senza. As_senza. 
A luci spente sui titoli di coda ci sof_fermiamo, masticando un quotidiano che non ci app_arti_ene.
Male_dicendo i giorni a venire.
Bi_sogno che nasci e poi muori, ci accogli e poi ci re_spingi. Ci (s)travolgi e ci neghi.
Arte_fice di un folle pro_getto, hai mescolato cuori, anime, sguardi, emozioni...
Trasuda la rabbia, e mani e occhi e gioia. Dis_incanto.
Pa_reti, legami, fazzoletti di carta, foto_grafie e... Noi.
Un attimo. Un giorno. Una vita.
Obbligo e Veritá. Silenzio.

Di amore per il prossimo si può vivere.

Petite

venerdì 21 marzo 2014

Milano - Torino










Mi chiedevo dove fossi, in quale dove e in quale mai; tra i forse e i perché no dei tuoi sempre mille pensieri, nei sottintesi e fra i refusi dei tuoi incisi… Nelle parole scritte e non pronunciate. Di quelle cose non dette o di quelle trite e ritrite, dei gesti ripetuti come tic da primo giorno di scuola. 
Ti vedevo in quel vetro del finestrino di un treno per quasi pendolari, Milano - Torino, accompagnato da signorina noia e amico nervosismo, abbozzare un sorriso malinconico e un po’ spietato, assaggiare volti nuovi e voci e visi in quei viaggi da turista nell’umanità, affascinato e sorpreso da quegli incontri senza colore, senza frontiere, senza aspettative. Sguardi assonnati e un po’ persi negli abissi della vita, nella paura del mondo e, troppo spesso, imbambolati in giochi di elettronica, dove la parola ha perso lo spazio e i suoi tempi, e, il mutismo e la cecità sono vincitori di un’epoca silenziosa e disinteressata. 
Poi ti vedevo scendere, immagine coordinata e continuativa di un fotogramma scontato, furtivo, frettoloso, distaccato. 
C’è sempre una slide ricorrente, un fermo immagine di te con la sigaretta, lenta e, il fumo che ti apre la strada, in quei passi veloci. 
Immagine che dimora nella mia testa, da sempre. 
Da quando ti conosco. Da sempre. 
Sei arrivato. Puntuale. 
Io no. 
Di corsa, in ritardo. Sorrido. 
Mio figlio. Occhi azzurri. 
Cielo terso. L’abbraccio. 
L’infinito. Il Sole. 

Petite

Io ci sono. No_no_stante tutto.



Certe emozioni non si svelano. Si assorbono e basta. Come spugna. Altre si annusano, si respirano, come fiori appena colti, poggiati sopra un tavolo.
Altre ancora, si imprimono sulla pelle, come tatuaggi, incisi, nero su carne, perché rimangano come cicatrici nelle astinenze dei giorni a venire. Le emozioni, in fondo, sono come le persone. Qualcuno ti lascia qualcosa, un'alchimia speciale, qualche impulso, un flash, qualche decibel; qualcun altro, un buon sapore, un odore, un profumo particolare, l'attenzione, gli occhi, le mani.
Qualcun altro ancora, ti rimane nella pelle, nella carne, nelle ossa... Ti scopa l'anima (...)

Poi ci sono io che non so gestire né coordinare le emozioni. Che non so stringere troppo forte negli abbracci. Che non so mai quale sia la finestra giusta su cui affacciarmi. Io, che ho le Alpi scritte nelle mie generalità e, i gradi sotto zero sulla pelle. Io che ci sono ma che forse non mi senti. È un distacco naturale, il mio, è il coraggio che non trovo, è la bolla che mi protegge, la prima via di fuga dall'invadenza. È il mio senso di libertà, questo esserci e non esserci che non mi lega e che mi scioglie dai nodi stretti.
È un dare/avere senza pretesa, a piccoli sorsi. Un po' per volta.
Tra una parola e un sospiro, una boccata di sigaretta e una pausa di riflessione.
A modo mio. Senza sentenze ne riverenze.
Io ci sono.

7

Colpa delle impressioni, degli incroci di sguardi in cui mi sono persa e dimenticata, in quella fermata d’autobus, il numero 7, senza posto a sedere, di una rincorsa sudata e di emozioni interrotte. Del coraggio e delle fughe dall’amore. Dei baci respinti e di quelli rubati, quelli presi in prestito e mai ritornati. Dei demoni e dei peccatori, amabile compagnia, perduti in un senso incompiuto, ubriachi di amore e di vita. 
In quei parenti troppo stretti, come un monolocale senza finestre, alla ricerca di un tubo di scappamento da cui prendere fiato. 
Nelle note stonate di false morali, tra occhi lucidi e risate, rubare gocce di dignità e cioccolato. 
Alzare la testa, drizzare la schiena, sorridere ancora.
Rimango voluta_mente una donna in_opportuna. 

Petite

giovedì 27 febbraio 2014

(S)cambi vita_li

Io che baratto i mattini di sole con le notti di luna piena, gli appuntamenti mancati con il calore di casa, le telefonate con gli sms, i punti di sospensione con i punti esclamativi, le amiche improvvisate con le amiche datate, la montagna con il mare, le nuvole con le stelle, l'aspartame con lo zucchero di canna, le urla con i silenzi, gli sguardi con gli abbracci, il vino rosso con il bianco, la bugia con la verità, la luce con il buio. La paura con il coraggio. Il pianto con la risata, il nero con il bianco, il bianco con il nero, le attese con i viaggi, il sonno con la veglia.
La tristezza con i sorrisi dei miei figli. Il vento con la pioggia.
Il silenzio imbarazzante con la musica ad alto volume. La pasta con gli anti_pasti, i tradimenti con la cioccolata.
Le sensazioni con le emozioni.
Gli occhi con gli altri occhi.

Petite




                                 Aภу๓๏г



giovedì 13 febbraio 2014

...


Implodo e poi esplodo.

Ho il rimpianto di chi non ha rimpianti; il frastuono del gesto sbagliato e del tonfo sordo sulla faccia, del fiato corto che mi prende alla gola e, occhi lucidi di cioccolato. Ho capelli di miele sciolti, come cani senza padrone; piedi liberi in danze tribali, labbra accoglienti in sorrisi muschiati, pelle di vaniglia e mani da bambina. 
Le incertezze che mi corrono appresso, l'ansia e l'enfasi. L'alba e il tramonto. Ho i mattini assonnati da notti insonni, i pomeriggi di sole e le sere di pioggia. La solitudine e il rumore di casa. Vivo di paradossi. Di bianco o nero. Di gioia o di dolore. Di assenze e presenze. Di giorni che non passano mai e di giorni già finiti. Ho gli alti e i bassi. La musica a palla e le note di Shubert. Gli inverni freddi e le estati calde. La luna storta, le stelle cadenti.
Ho sogni che fanno spettacolo. Ho labbra da mordere e, un nuovo sorriso da mettere in tasca. Per domani.
Quanta roba.

Petite

martedì 4 febbraio 2014

Ricordami di ricordare.

Le mie concezioni astratte ritornano sempre, stoiche, a ricordami che di reale, in fondo, non stringo mai nulla.
A ricordarmi, che dopo le parole, urgono anche i fatti. 

A rammentarmi che ci sono infiniti paesaggi su cui posare gli occhi.
Che le possibilità sono svariate e multiformi, così come la mia volontà.
Che i giorni passano e i segni restano.
Che la fiducia va conquistata e non data per sco
ntata.
Che la verità è solo una stronza a cui fare la lingua, ma di cui non si può fare senza.
Che io non baratto le emozioni con le intenzioni.
Che gli spazi vuoti mi servono per riempirli e, non di fumo.
Che la montagna di Maometto può restare dov'è perché se venisse da me mi sposterei.
Che non è necessario che sia necessario, ma, più di tutto, che sia sentito.
Che Ligabue continua a non piacermi pure se me lo propinate di continuo.
Che preferirei essere meno spiata dal buco della serratura ma, apertamente contraddetta.
Che gli Angeli esistono e sono i bambini.
Che la gente ha perso il cuore e esaurito le buone azioni.
Che io sono qui a mettermi in gioco mentre voi pensate ai cazzi vostri.
Che, stasera, la cosa certa è che ho mangiato pesante.
E, che, per scrivere queste stronzate, ho usato una quantità industriale di che.

Petite 





Pensieri sparsi in una notte di mezzo inverno.


Neppure una parola.
Ne un'occhiata di approvazione. Tutto e niente.
Un frutto fuori stagione, una nuvola fuori posto. Un ghiacciolo d'inverno. Un appuntamento mancato. 

Tutte le cose in quella stanza sembravano osservarmi, stranite e incuriosite.
Ero come un libro che aveva perso il suo segnalibro.
Dove diavolo ero rimasta?




Appar_tenersi

Apparteniamo solo a noi stessi. 
Dovremmo smetterla di tentare di compiacere gli altri a tutti i costi. Dovremmo imparare a godere dei nostri piccoli e grandi successi personali, e, soprattutto, dovremmo imparare a non aspettarci nulla dal prossimo. 
L'illusione si accompagna sempre alla delusione. Sono compagni di vita inseparabili. 
Amare se stessi è il primo passo verso una bramata serenità. 
Oltre che una sana abitudine. 

Sai che lo sono. No, non lo sei.


domenica 19 gennaio 2014

E' già domani.

Di quegli strascichi inutili che si trascinano a forza, con un rumore che striscia e un peso che ingombra, una smorfia di disappunto e un'imprecazione soffocata.
Un morso di labbra e un po' di saliva amara da buttare giù.

Aภу๓๏г

sabato 11 gennaio 2014

mercoledì 1 gennaio 2014

Ho un rigurgito di (in)coscienza.

#rigurgito #incoscienza #coscienza

Mi fanno male i pensieri.

Succede.
Succede che ho mal di gola e ho Mal di stomaco, ho freddo e poi ho caldo. Sono nervosa. Mi fanno male i pensieri. Le calze mi danno fastidio. Il laccio del reggiseno mi stringe. Le parole mi soffocano.
I cani e i gatti hanno paura dei botti di capodanno. Anche i bambini. I cani abbaiano, i bimbi piangono. A chi serve? Fanculo usi e abusi di tradizioni idiote e obsolete.
Sparatevi nei pantaloni, senza rimorsi di (in)coscienza.
Quanti messaggi inutili. Domani sarà solo un altro giorno, uguale agli altri. Che c'era da dire. Auguri di che.
Che c'era da fare.
Bisognava far tutti l'amore. Unire i cuori, i sensi, le emozioni. Le paure. E, invece no.
Domani avremo tutti le occhiaie, come borse della spesa. Potremmo raccontare la nostra sbronza. Ci si ubriaca tutti a fine anno. Che cazzo vorrà dire. Mah.
Ci sono tracce di rosso ovunque, perizomi e mutande, calzini, piatti e bicchieri di plastica. Bocche pennellate di rossetto e qualche dito stroncato da un artificio. Sogni erotici. Spazi chiusi.
2014... volte vaffanculo.
Torno tra le mie coperte.
Mi rannicchio. Mi scaldo.
Prendo le distanze dal mondo. Ti penso. Mi pensi. Non basta.
Non basta mai.
Facciamo il gioco del silenzio.
Perde chi parla per primo.
Shhhhhhh.