martedì 10 febbraio 2015

A chi piange in sordina




A chi sta sull'orlo della gola
fra le nuvole e lo strapiombo
fra il pieno e il vuoto
tra il bene e il male
E si scava in una ruga 
inseguendo la quintessenza
al cospetto di uno specchio spietato
che circoscrive le deficienze.
A chi germoglia bocciolo e ostaggio
maledetto nel ventre suo
di un corpo scaduto
graffiato e cicatrizzato,
sconosciuto.
A chi spranga il cuore
organo infermo
condannato e torturato
a colpi di flashback
A chi si stringe nelle spalle
e nella pelle,
sfibrandosi
nell'attesa di una stretta
umana
a fondo perduto.
A chi piange in sordina,
fra i capelli in disordine
il trucco da rifare
e l'orgoglio
stretto in pugno.
Io a loro regalo il mio consenso.
Alla loro forza e al loro coraggio,
alla loro inadeguatezza,
all'anima così imperfetta
nella quale mi discerno
alle loro facce
dentro la mia faccia
nelle quali sorrido.

venerdì 6 febbraio 2015

Quella che chiamano con diversi nomi






Sono il disordine.
Il disordine totale.
Una babilonia in cui si annienta ogni intenzione, dove perfino l'artefice più accurato e ostinato si perde nei suoi labirinti, abbandonando l'idea della riuscita. Padrona di un groviglio sempre più aggrovigliato. Di un controllo ingovernabile.
Di impulsi e di sensi, in un'accozzaglia di ragioni e percezioni, che decapitano pensieri e tarli dei buoni propositi.
Danza immor(t)ale tra armonia e crollo. Tra rinuncia e consenso.
Sono un mistero non risolto, l'eterna bambina, la perpetua madre, l'infinita Donna.
Sono l'ombra della luna, la strana forma di una nuvola, il vento che mi asciuga, l'asterisma di una costellazione.
Sono quella che guida le maree, roccaforte e focolare domestico.
Essenza selvatica, persa in un tempo che mi scappa dalle mani come lacrime di pioggia.
Sono la baracca della mia anima, dove mi riparo quando piove troppo forte.
Sono il recinto delle mie insicurezze. Il divisorio delle mie paure.
Quella che chiamano con diversi nomi.
Un nuovo cammino.
Una nuova fermata.
Un solo ciao.