martedì 6 settembre 2016

A mia figlia Friha


Il giorno in cui mia figlia mi chiederà se è abbastanza bella le risponderò, con tutto l’amore che posso, di quanto sia meravigliosa, in quanto “femmina”, di quante infinite possibilità è dotato il suo corpo, composto di muscoli e di ossa, che le permetteranno di muoversi con l’autonomia necessaria per camminare a testa alta, da sola. 
Le dirò di quanto sia fortunata perché è partita avvantaggiata, rispetto ad altri bambini, perché Dio, o chi per lui, le ha fornito il perfetto equipaggiamento: può osservare, ascoltare, parlare.
Le rivelerò l’importanza imprescindibile della sua mente, la potenza impetuosa della sua creatività, la colorata vivacità della sua fantasia, la grandezza dell’uso della parola.
Ché il corpo di una donna non è carne da macello da esporre in vetrina, ma un meraviglioso mondo da scoprire e da difendere.
Le insegnerò che la bellezza di una Donna non si misura con le equivalenze e neppure con la bilancia, ché non esistono parametri o graduatorie per amare sé stessi.
Perché innamorarsi di sé stessi, è il primo di tanti passi per raggiungere l’armonia, l’equilibrio interiore, la giusta simmetria di una convivenza che durerà per tutta la vita.
La pungolerò abbastanza da insegnarle che nella sua esistenza, lei potrà contare solo e sempre sulle sue forze, ché non ha l’esigenza di consegnarsi a un uomo per essere felice.
Le spiegherò con molta dolcezza che non è necessario diventare madre o formare una famiglia per completarsi, ché le donne non nascono per consacrarsi al sacrificio, ma hanno il sacrosanto diritto e il dovere di poter scegliere.
La esorterò ad andare sempre controcorrente, a ribellarsi alle convenzioni, a scappare via dai luoghi comuni, la stimolerò a boicottare la banalità, l’ipocrisia, l’individualismo.
Veglierò sulla sua innocenza e alimenterò la sua forza, con premura e conferme, critiche e biasimi, consensi e dissensi. Sarò il rifugio per i suoi primi vacillamenti, imparerà a cadere, a poco a poco, e poi a rialzarsi, a poco a poco.
Le imbastirò ali per volare via quando ne sentirà l’urgenza e scarpe solide per atterrare.
Le regalerò gli strumenti e le appropriate prospettive per avere accesso alla libertà, le firmerò la licenza per ottenere il riscatto della degradazione, dello svilimento, delle umiliazioni.
Le racconterò che l’amore per la vita nasce dall’accettazione del proprio io, il resto è una bella scenografia e, le persone che non resteranno, saranno solo delle sobrie comparse e, che per ogni dolore ci sarà sempre una nuova rinascita.
Sarà la Donna più bella del mondo. Già lo so.

Romina Tondo

Io e mia figlia

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