venerdì 21 marzo 2014

Milano - Torino










Mi chiedevo dove fossi, in quale dove e in quale mai; tra i forse e i perché no dei tuoi sempre mille pensieri, nei sottintesi e fra i refusi dei tuoi incisi… Nelle parole scritte e non pronunciate. Di quelle cose non dette o di quelle trite e ritrite, dei gesti ripetuti come tic da primo giorno di scuola. 
Ti vedevo in quel vetro del finestrino di un treno per quasi pendolari, Milano - Torino, accompagnato da signorina noia e amico nervosismo, abbozzare un sorriso malinconico e un po’ spietato, assaggiare volti nuovi e voci e visi in quei viaggi da turista nell’umanità, affascinato e sorpreso da quegli incontri senza colore, senza frontiere, senza aspettative. Sguardi assonnati e un po’ persi negli abissi della vita, nella paura del mondo e, troppo spesso, imbambolati in giochi di elettronica, dove la parola ha perso lo spazio e i suoi tempi, e, il mutismo e la cecità sono vincitori di un’epoca silenziosa e disinteressata. 
Poi ti vedevo scendere, immagine coordinata e continuativa di un fotogramma scontato, furtivo, frettoloso, distaccato. 
C’è sempre una slide ricorrente, un fermo immagine di te con la sigaretta, lenta e, il fumo che ti apre la strada, in quei passi veloci. 
Immagine che dimora nella mia testa, da sempre. 
Da quando ti conosco. Da sempre. 
Sei arrivato. Puntuale. 
Io no. 
Di corsa, in ritardo. Sorrido. 
Mio figlio. Occhi azzurri. 
Cielo terso. L’abbraccio. 
L’infinito. Il Sole. 

Petite

Io ci sono. No_no_stante tutto.



Certe emozioni non si svelano. Si assorbono e basta. Come spugna. Altre si annusano, si respirano, come fiori appena colti, poggiati sopra un tavolo.
Altre ancora, si imprimono sulla pelle, come tatuaggi, incisi, nero su carne, perché rimangano come cicatrici nelle astinenze dei giorni a venire. Le emozioni, in fondo, sono come le persone. Qualcuno ti lascia qualcosa, un'alchimia speciale, qualche impulso, un flash, qualche decibel; qualcun altro, un buon sapore, un odore, un profumo particolare, l'attenzione, gli occhi, le mani.
Qualcun altro ancora, ti rimane nella pelle, nella carne, nelle ossa... Ti scopa l'anima (...)

Poi ci sono io che non so gestire né coordinare le emozioni. Che non so stringere troppo forte negli abbracci. Che non so mai quale sia la finestra giusta su cui affacciarmi. Io, che ho le Alpi scritte nelle mie generalità e, i gradi sotto zero sulla pelle. Io che ci sono ma che forse non mi senti. È un distacco naturale, il mio, è il coraggio che non trovo, è la bolla che mi protegge, la prima via di fuga dall'invadenza. È il mio senso di libertà, questo esserci e non esserci che non mi lega e che mi scioglie dai nodi stretti.
È un dare/avere senza pretesa, a piccoli sorsi. Un po' per volta.
Tra una parola e un sospiro, una boccata di sigaretta e una pausa di riflessione.
A modo mio. Senza sentenze ne riverenze.
Io ci sono.

7

Colpa delle impressioni, degli incroci di sguardi in cui mi sono persa e dimenticata, in quella fermata d’autobus, il numero 7, senza posto a sedere, di una rincorsa sudata e di emozioni interrotte. Del coraggio e delle fughe dall’amore. Dei baci respinti e di quelli rubati, quelli presi in prestito e mai ritornati. Dei demoni e dei peccatori, amabile compagnia, perduti in un senso incompiuto, ubriachi di amore e di vita. 
In quei parenti troppo stretti, come un monolocale senza finestre, alla ricerca di un tubo di scappamento da cui prendere fiato. 
Nelle note stonate di false morali, tra occhi lucidi e risate, rubare gocce di dignità e cioccolato. 
Alzare la testa, drizzare la schiena, sorridere ancora.
Rimango voluta_mente una donna in_opportuna. 

Petite