venerdì 12 febbraio 2016

IN NOME DELL'AMORE E DI QUALCHE PRIORITA'

E non ci siamo mosse. No.
Salde e immutate a stereotipi, convenzioni, cliché e tradizioni ataviche.
Sprovvedute e oppresse. DOMATE.
Ligie ai doveri domestici e coniugali.
Collezioniste di sensi di colpa. Stacanoviste full time al reparto "priorità".
"Marito mio, compagno mio, io ti posiziono sopra di me e sopra qualunque altra scelta. La posizione del missionario mi è congeniale per forza di cose."
Vige la regola di diritto canonico. Anche.
L'uomo è felice. Si compiace, esulta. Gode.
E' carne di prima scelta.
Poi c'è la donna (d minuscola), - ogni qualche succede - che ha una necessità.
Morale, psichica, materiale, poco importa.
Ha bisogno, desiderio, speranza che "lui", l'essere superiore, ci sia.
Ma non lo chiede. Non lo pretende. Abbozza. Lascia perdere.
Diventa triste, nervosa. Irritabile.
Vorrebbe che ci arrivasse lui, l'essere dominante.
Ma, ahilei, c'è sempre un'altra priorità. Qualcosa di più importante, un diritto di prelazione, una componente contro, un impedimento. Un maledetto intoppo.
Insuperabile. Pare.
Le acrobazie delle Donne, i salti in lungo che fanno, per e in nome dell'amore, di quale amore, non li misura nessuno. Neppure "lui".
Che fa sempre qualcosa in più di voi.
Siete ultime in classifica, sempre. A prescindere.
Avete un secondo posto. Un fottuto secondo posto.
Le opzioni sono tre, dunque.
1) Accontentatevi e sopportate in nome dell'amore.
2) Ribellatevi. Mettetevi sottosopra. Ammutinatevi.
Per un buon compromesso, invece, rimane una terza scelta:
Cominciate a cambiare le vostre priorità. Lentamente.
Dimenticatevi di qualche impegno.
Prendetevi un po' di tempo per voi.
Trovatevi un buon amante.
L'amore è una gran bella cosa. Quando è amore.
Non gabbia. Non pollaio.
Non subordinazione. Non diritti e doveri.
L'amore è uno scambio reciproco. Un dare/avere.
Un porto sicuro. Il rifugio dell'anima.
Il posto perfetto.
L'amore va oltre.



mercoledì 10 febbraio 2016

Di una sera d'inverno

C'è uno strano silenzio, stasera.
Forse parla anche di noi, di questo letto disfatto e mezzo vuoto in cui ci siamo persi di vista.
È un alito di vento quello che soffia dalla mia finestra,
mi stringo un po' nel maglione di lana, e, quasi sento il tuo fiato sul collo.
Come su una lettera, lo scrivo, nero su bianco.
Mi sono smarrita, credo. Eppure, sono sempre stata qui.Non mi sono piú trovata, negli incroci a senso unico dei tuoi sguardi,
neppure dietro una luna annoiata di una mezza notte o, abbagliata dal sole di un mezzo giorno.
Sto nel mezzo, così. Con le mani legate.Dentro un vicolo cieco, a cercare la luce.
Mentre un brivido mi attraversa la schiena e lo lascio passare.
È un inverno che pungola. Come i pensieri. Come l'orgoglio.Ho spostato i capelli di lato, quasi a rimettere ordine in testa.Mi guardo le mani e questo smalto un po' smangiucchiato che mi rende imperfetta, difettosa. La matita nera che mi cola un po', quando mi stropiccio gli occhi.Non sono mai stata attenta. Non ho mai speso troppo tempo a curarmi.
Non amo sentirmi una bambola.
Mi viene un po' da ridere. Se penso a me. Se penso a te. Se penso a noi.E, l'immagine si dissolve, in questa nuvola di malinconia e nicotina.Mi piove addosso la mia incostanza, nel fare le cose, nel portarle alla fine.Ho sempre un buon motivo per rimandare.
Penso all'amore, a come ti sorprende alle spalle come una rapina a mano armata
e una pistola puntata al cuore. Un sequestro di persona in piena regola, con qualche via di fuga,
se impari a lasciare una porta aperta.
Qualcosa mi stringe troppo. Da sempre.Come questo laccio del reggiseno, che sciolgo e che mi imprigiona in un ruolo di donna, che a volte mi soffoca.E, lo so che penso troppo.L'unica certezza è sapere ciò che non ho:non ho le ali. Non ho radici.
E, qualche volta, mi mancano persino le parole.