domenica 6 dicembre 2015

Qualcosa

In questo silenzio che rimbomba
c'è sempre chi aspetta qualcosa o qualcuno.
Dietro una fotografia o
dentro a un portone,
in fondo agli occhi o
sopra il cuore,
qualcosa di grande, o di banale,
un gesto o un respiro,
un suono.
Mentre tu dormi o fai l'amore,
mentre ti vesti o fumi,
mentre parli o ridi,
mentre piangi o scrivi.

In questo frastuono impercettibile,
di un battito di ciglia,
in un viaggio senza ritorno,
in un passo di danza lieve,
fra le lenzuola di una notte insonne,
c'è sempre chi aspetta qualcosa o qualcuno...

E, non ci sono più preghiere,
nessuna minaccia,
non ci sono avvisi,
nè speranze
e neppure le paure,
a spegnere le luci,
a chiudere il sipario.
Tutto resta e tace.
In silenzio,
fra parentesi o sottintesi,
nelle buone e nelle cattive azioni,
fra i vicoli della nostra solitudine,
si impara a cadere
senza fare più rumore

Anymor

Perdita di (in)coscienza

Lo sa la birra sul tavolino
e la cicca affogata nel water
Lo sanno i fogli sparsi sul tappeto
le lenzuola sgualcite
e i residui di pelle
E i muri che hanno sentito tutto
Le notti che non scorrono
e bisbigliano
Lo sanno i soprammobili
che fingono il silenzio
E i pesci rossi che girano a vuoto
Lo sanno i baci perduti
e gli sguardi mancati
che hanno visto tutto
Le parole che non abbiamo detto
e gli avanzi di tempo
Tutti lo sanno
che il nostro amore
è in sciopero
Tutti lo sanno

Anymor 

giovedì 30 luglio 2015

Vision





Se bastasse una stilla di luce
a formare una stella,
In questo stallo di pensieri
in doppia fila,
la mia stalla parrebbe una reggia.

Aภу๓๏г

sabato 25 luglio 2015

Vive la vie!


Oggi faccio outing.
Cerco di "realizzare" mentalmente cosa si muove nell'encefalo della gente.
Negli anni, credo ci sia stata una degenerazione collettiva e diffusa sull'utilizzo della massa cerebrale, sull'utilizzo della ragione e del buonsenso.
Un astio e un'invidia che rigurgitano in silenzio, per poi esplodere in un vomito violento e spietato, un'espulsione della loro stessa intossicazione, della loro bile avvelenata e rabbiosa. La causa può essere il caldo? No.
Credo che c'entri qualcosa Chernobyl. Si. Altrimenti questa dissociazione mentale non si spiega. 29 anni fa gli esseri umani, parevano tali.
Non sono solo aumentati i tumori fisici, ma, sono aumentate, soprattutto, le neoplasie del cuore e della mente, il cancro dell'anima.
O forse è colpa delle onde elettromagnetiche dei telefonini?
Proprio così: è colpa delle radiazioni dei cellulari e degli altri gingilli hi-tech se le api perdono l'orientamento e non sanno più dove devono andare per svolgere il loro compito di impollinatici. Non potrebbe essere capitato anche a noi? Schegge impazzite e disorientate a cercare capri espiatori per i nostri fallimenti. Un'epoca dove il contatto umano epidermico si sta perdendo, un'era in cui viviamo di immagini e di piccole istantanee, di avanzi e di indecisioni. Di abusi e di illeciti. Un'epoca in cui il sesso si fa virtualmente, sbavando di fronte a effigi e incarnazioni di corpi che non avremo mai. Di simulacri ritoccati con photoshop, irreali quanto la vostra assurda immaginazione. E' un dato di fatto, se l'essere umano non riesce ad avere alcuno sfogo sessuale, sarà vittima di frustrazioni. Quindi, nel tempo, coverà rabbia e rancore, avversione e ruggine. Nel migliore dei casi odierà le persone che ammira, in silenzio, con le quali tenterà un approccio comunque amichevole, questo durerà per un periodo di tempo variabile, che servirà per alimentare la sua dose di avversione e disprezzo, fino a sfociare nell'esplosione di perfidia di cui parlavo prima. Nel peggiore dei casi diventerà uno stupratore, ma qui, ci sarebbe molto da dire e, non è questo il post(o) giusto.
Ricordatevi che molti individui (che paiono ordinari, comuni), non arrivano a commettere atti illegali e immorali, semplicemente perché, per cultura, vivono di parvenza, di facciata e, hanno paura, paura di andare in prigione, paura di essere additati e condannati, paura di finire sui giornali. Eccetera.
E, questo il più delle volte ci salva! Cazzo.
Quello che più incute sgomento, è avere la quasi certezza che molti di noi potrebbero davvero essere e/o diventare dei feroci serial killer, degni di avere un curriculum paragonabile a Richard Ramirez o a Gary Ridgway. Eccetera.
Gente con cui conviviamo giorno per giorno. Che ci sorride, che ci porge la mano, che ci chiede come stiamo.
E, non parlatemi di bipolarità e malattie mentali. Bipolari lo siamo un po' tutti.
Non troviamo sempre giustificazioni all'indifendibile.
Facebook è un mondo fantastico, e non inteso come bellissimo e straordinario, ma, inteso come irreale, chimerico. Fasullo.
Uno spazio dove la gente sa nascondersi, fingere, simulare.
Uno spazio dove è facile fraintendere, distorcere.
Uno spazio dove ci si può inventare tutto ciò che non siamo nella realtà:
poeti, artisti, single, donne maliarde, gatte morte e playboy.
Gente che non ha esistenza, se non su un social network.
Ma, comunque, prima o dopo, parvenza o sostanza, verità o menzogna, il vostro io, quello vero, verrà a galla.
Prima o dopo farete l'errore fatale.
Tra lo stupore e l'indignazione di alcuni e la perorazione e la tutela di altri, voi farete il passo falso.
E quelli autentici faranno l'amore, quello vero. Come hanno sempre fatto.
Nella loro vita vera.
Vive la vie!

venerdì 24 luglio 2015

Flashback

Leggerai di me
Come un libro aperto
Dei miei voli sul mare d'inverno
Su isole sperdute
E tra(...)monti rossi

Non ho le stagioni
Se non quelle del cuore
E, venti freddi in piena estate
Che mi seccano le mani
E i soli caldi in dicembre
a scaldarmi le labbra.
Ho paure sepolte
Asettiche impressioni
Rimpianti nessuno.
(Bi)sogni che alimento.
Ho ricordi invecchiati
Come rughe sul mento
Ho sorrisi us(ur)ati
Da un tempo traditore.
Ho notti di luna piena
fra le corde dei sensi e
pagine bianche ancora da scrivere,
tra gli spazi chiusi e le parentesi aperte.
Ho parole che aspettano
un treno senza speranza
alla stazione del silenzio.
Una ricevuta di ritorno fra le mani
di una lettera mai letta,
un po' di fiato sul collo,
e qualche sospiro di sollievo.
Flashback.

Aภу๓๏г

lunedì 13 luglio 2015

Mi avevi già convinto al ciao.



A chi non è capitato, prima o poi, quel momento in cui nella propria vita - per motivi professionali e/o affettivi - di ritrovarsi fra le grinfie di esseri pseudo antropici che ti spalancano le braccia, con un sorriso sfondato, proferendo frasi serafiche del tipo:
"Da questo momento fai parte di una grande famiglia (...)".
Ecco. E' proprio in quel preciso istante che ti sei appena fottuto.
Da bravi imbonitori, ti magnificheranno per le tue doti innate, per la tua sensibilità e/o per la tua professionalità e serietà, ammaestrandoti come un cucciolo.
E, siccome sarai “uno di famiglia”, il tuo sarà – per forza di cose – un processo di doppio riguardo, sia in condizioni economiche nonché di riuscita, in parole "povere", costerai meno e renderai più di un qualunque sconosciuto e, la cosa più assurda è che, inizialmente, ti sentirai pago, esaudito, quasi - ho detto quasi - soddisfatto.
Inizialmente, sì.
Capirai col tempo (breve), che il cucciolo si trasformerà in un asino.
Che il "capo famiglia" comincerà ad usare il bastone e la carota, alternando le due cose, confondendoti.
Comprenderai (senza l'ausilio di uno psicologo ma con l'ennesima astratta visione), che le sue priorità scavalcano qualunque cosa e/o persona, che sei a debito di diritti ma, a credito di rogazioni.
Che sei sprovvisto del potere di lamentarti o di protestare, che non puoi opporti, dissentire o insorgere perché diventeresti cattivo e senza cuore.
Che le sue chiamate, dapprima insistenti e continue, diverranno sempre più intermittenti, che le scappellate sono andate in esaurimento scorta, che le pretese, le domande e le rivendicazioni, supereranno tutti i record da guiness dei primati.
Ti farai sorprendere, come un temporale estivo, dal disorientamento e dall'incredulità.
Scoprirai che il disturbo bipolare è più diffuso di quanto tu potessi immaginare e che ne sono affetti milioni di persone, soprattutto quella categoria che vuole dare di se un'impressione sempre impeccabile.
Dovevi capirlo prima. Eppure, una lieve percezione l'hai sempre captata, annusata. Troppo facile. Troppo bello. Troppo surreale.
La fregatura doveva esserci. La colpa è tua che hai voluto crederci.
Come ogni "buona" famiglia che si rispetti, dovevi aspettarti i parenti serpenti. Quelli che non mancano mai. Gli onnipresenti.
La realtà è che tu non hai bisogno di "loro" e "loro" non ha bisogno di te, hanno bisogno di te come strumento.
Dovevi aspettarti la simulazione, il conformismo, la boria. La commedia.
Come ogni "buona" famiglia che si rispetti, dovevi aspettarti di tutto. Anche l'abbandono, la sconfessione, il rinnegamento.
Dovevi aspettarti il fraintendimento delle parole. L'essere pseudo antropico non ti ha mai promesso nulla.
Tu hai distorto la realtà, i fatti. Per convenienza. (Tu).
Cose che non hai capito o hai male interpretato. Problema tuo. Mica suo.
Quando e se ci bisticcerai (e ci bisticcerai), "il capo famiglia" in questione, ti
rimbrotterà gravemente sul tuo atteggiamento aggressivo nei suoi confronti, rinfacciandoti quanto lui/lei ha fatto per te (un cazzo, a dirla tutta), biasimandoti per la tua ingratitudine e per il tuo inammissibile "voltafaccia".
La verità è che ti ha usato, preso allegramente per il culo, soggiogato, spremuto, spolpato, pelato, svuotato, esaurito, imbrogliato e, lo ha fatto con la consapevolezza di farlo. La tua unica colpa è di averglielo concesso.
Tra le mani e le corde vocali, ti rimane solo un'ultima cosa da fare, vomitargli addosso un dignitoso quanto liberatorio, enorme:
"V A F F A N C U L O".
L'immensità è una notte di luglio incartata di stelle e piena di nostalgia. Un fiocco di luna a stringerla che pare, qui dal basso, un piccolo filo di speranza.



Scelte: istruzioni per l'uso.





La scelta: l'attimo di silenzio prima di urlare. Un momento di raccoglimento, uno sguardo all'orizzonte. Un ultimo bicchiere di vino.

L'ultima sigaretta prima di andare a letto. O dopo esserci stati.
La scelta è l'inevitabile primo passo di danza che inizia a muovere il corpo. Un processo, inizialmente timido e riservato, un ballo sfrenato e liberatorio, poi.
La scelta è la costante della nostra vita, fra le mille incostanti probabilità e gli imprevisti, fra smorfie e sorrisi, fra cose e persone.
Fra l'inizio e la fine.
Facciamo continue scelte ogni giorno, tra le cose del quotidiano, tra gli impegni e le ore di lavoro, tra i dubbi e le certezze.
Facciamo scelte per amore.
Scegliamo come vestirci, cosa mangiare, come pettinarci, come spendere i nostri soldi, cosa è meglio per i nostri figli...
A volte sono scelte obbligate, altre volte sono fortemente volute. Altre volte ancora sono scelte dettate dall'istinto. A volte giuste, a volte sbagliate. Spesso sofferte.
Le scelte si pagano. Quando sono scelte importanti. Non ci sono saldi di stagione.
Si pagano e basta.
Poi ci sono le scelte di convenienza.
Quelle appartengono ad una categoria di esseri um(ani) per me (inde)finita, quelli che non sanno (non vogliono) prendere una posizione, che si spostano in direzione del vento, che non sanno difendere un ideale, uno straccio di principio o, semplicemente, che non hanno un minimo di coerenza.
Persone che non metterebbero i piedi dove altri ci hanno (ri)messo la testa.
Le scelte sono necessarie. Vitali e letali allo stesso tempo.
Sono il marchio della persona che sei.
Sono i chilometri che hai percorso.
Sono il timbro della tua voce. Lo spazio fra i tuoi pensieri.
Sono la compagnia in una notte solitaria e afosa. Sono l'incontro con la realtà.
Sono dolore e gioia. Prigione e libertà.
Ilarità e agonia. Forza e debolezza.
Volontà e apatia. Pianto e risata.
Sono gli anni che ti porti addosso. I paradossi della tua esistenza.
Sono il tuo sguardo. La tua bussola.
I tuoi sensi. La tua vera identità.
Dietro ogni scelta ci sei tu.
Presente. Passato. Futuro.
Life.

Aภу๓๏г

martedì 9 giugno 2015

Ridatemi le ali.




Ho parole ruvide che grattano sulla carta e sfregano sulle corde vocali,
mani lisce allungate per far scivolare e non per trattenere,
sorrisi in lista d'attesa in code interminabili. 

Ho il collo rigido dalle frustate della vita,
distorsione perenne di un rigetto di società,
che mi porta a camminare a testa alta, 

nonostante i colpi bassi.
La mia teca è intatta, ancora,
nonostante i mille sbattimenti.
Ho la testa dura. Me lo ha detto il medico.
Scrivo nero su bianco in un tempo a fisarmonica,
alla mercé di un caldo umido che mi attraversa.
Sono a corto di te(mpo).
Non ho modi di dire che ti assomigliano.
E, se mi guardo da fuori, oltre alla pelle, ci vedo un po' il mare.
Ché poi, mi leggo nel pensiero e ti scrivo sul cuore.
Tra un colpo di tosse e uno sbadiglio, provo a cancellare l'errore,
mentre mi perdo in un pezzo di cielo che non mi appartiene da un pezzo.
Sarà questa luna o questa sera che non si addomestica,
sarà che mi manca il fiato per correre a perdifiato,
sarà che ti cerco e non mi trovo.
In questa sera ad aria compressa,
in cui mi manca l'aria, il tempo e il luogo.
In cui mi manco io.
In cui mi manca un D-io.

Adesso p_io_ove.

Petite Capitale Circulaire

martedì 26 maggio 2015

I Can Fly

È un'ala di riserva
quella che ho trovato
Ho paura di sgualcirla pure un po'.
Così la guardo solo.
Me l'hai lasciata tu.
Vuoi farmi credere
che esiste un cielo nuovo.
Mi dici: vola.
E io guardo in su.
Ma volare da soli fa un po' paura,
io non te lo dico.
Però ci penso, sai?

Ho tolto la camicia bianca.
Davanti allo specchio
mi traccio una riga nera
sulla curva degli occhi
e l'ala mi scruta
fra un passaggio di cielo
e il solco di una ruga
mi invento di nuovo bambina.
Lo faccio domani.

Ma il domani
è un passaggio fugace
come nuvola e soffio.
E io resto qui.
Con la mia ala di riserva,
la mia camicia bianca
e il mio sguardo fisso
aspettando dopodomani,
fra caligine e scie di aerei,
fra previsioni e ipotesi,
con il coraggio che mi manca
e la follia che mi trattiene.

Domani forse, volerò.

Petite Capitale Circulaire

lunedì 25 maggio 2015

Come quando fuori piove

Come quando fuori piove e dentro, insieme al sole, manchi tu.

Come quando prepari l'ennesima valigia, distrattamente, fra l'abitudine e il coraggio, e fumi l'ultima sigaretta prima di andare via.

Come quando ti viene voglia di correre, a perdifiato, tra la folla che ti soffoca e rimani fermo lì, senza più fiato.

Come quando alle tre del mattino sei ancora sveglia e hai voglia di cantare, ma stai in silenzio perché i bambini dormono.

Come quando le parole ti feriscono, e ti affretti ad alzare un muro che poi diventa una fortezza.

Come quando ti senti invincibile e basta un colpo d'aria a farti vacillare.

Come quando desideri un paio di scarpe nuove, ma una bolletta troppo alta da pagare ha già scelto per te.

Come quando non hai voglia di cambiarti, di truccarti,  di pettinarti e, un maglione troppo lungo e informe diventa il tuo abbraccio migliore.

Come quando, immancabilmente, il tuo smalto é diventato uno schifo e tu sei in ritardo per un appuntamento.

Come quando la malinconia prende il sopravvento e il silenzio di una casa vuota la fa da padrone.

Come quando la morte insegna che la vita è incertezza e dono. Ma, soprattutto, coraggio.

Come quando capisci che la vera libertà è amare te stesso. Nel bene e nel male.

Come quando leggi un buon libro e ti senti parte della sua storia.

Come quando gli affetti più cari ti tradiscono, senza pudore o vergogna. Senza ritegno. Ma, anche senza assoluzione.

Come quando senti di non appartenere a niente e nessuno, ma arriva sempre qualcuno a rivendicare uno strano diritto di proprietà.

Come quando hai paura e la nascondi, dietro a un sorriso sedato.

Come quando scrivi una valanga di stronzate come queste, in una notte un po' arrugginita e, hai come l'impressione che sia meglio chiuderla qui. 

Petite Capitale Circulaire

domenica 26 aprile 2015

In_differenza





Lasciate che sia un pezzo di vento a soffiarmi sul collo e non le vostre voci.
Ché in un tempo morto ammazzato dall'alitosi della vostra saccenza, io non ci voglio stare.
Datemi una rima baciata da un respiro di umanità, un verso che mi attraversi la pelle,
una poesia distratta da leggere tra le dita.
Risparmiatemi le vostre fatiche, il vostro coraggio, i vostri lamenti, ché il mio silenzio ha tremato mille volte e ne ha viste di peggio. 
Tenetevi la noia, l'abuso della parola, i fallimenti e i vostri capri espiatori a cui regalare le colpe, io preferisco sguazzare fra i miei errori e i miei folli tentativi e le responsabilità, anche se mi stringono forte la vita.
Concedetevi il lusso della colpa ogni tanto, dell'errore, costa caro, lo so bene, ma fa brillare la coscienza più del sidol.
Soffocate l'invidia col cuscino dei sogni, strozzate la malignità con una corda di violino, assassinate l'ipocrisia con una pistola ad aria compressa, armatevi di buone intenzioni e sentimenti. Corazzatevi di munizioni.
Svuotatevi, come un posacenere saturo di vecchie cicche, dai pettegolezzi, dall'odio.
Riempitevi di sole, di spazio, di tempo.
Di vita. Di voi.
Riorganizzate le priorità, le attività, il lavoro.
Innamoratevi dell'arte, della cultura, ingabbiate l'ignoranza.
Guardatevi negli occhi più spesso che potete.
Privatevi di tutto ma, mai di voi stessi.
Alla caccia al tesoro della vita, cercate il coraggio, alla sagra dei lecchini mettetevi una museruola.
C'è un cancro enorme da sconfiggere, si chiama indifferenza.

martedì 10 febbraio 2015

A chi piange in sordina




A chi sta sull'orlo della gola
fra le nuvole e lo strapiombo
fra il pieno e il vuoto
tra il bene e il male
E si scava in una ruga 
inseguendo la quintessenza
al cospetto di uno specchio spietato
che circoscrive le deficienze.
A chi germoglia bocciolo e ostaggio
maledetto nel ventre suo
di un corpo scaduto
graffiato e cicatrizzato,
sconosciuto.
A chi spranga il cuore
organo infermo
condannato e torturato
a colpi di flashback
A chi si stringe nelle spalle
e nella pelle,
sfibrandosi
nell'attesa di una stretta
umana
a fondo perduto.
A chi piange in sordina,
fra i capelli in disordine
il trucco da rifare
e l'orgoglio
stretto in pugno.
Io a loro regalo il mio consenso.
Alla loro forza e al loro coraggio,
alla loro inadeguatezza,
all'anima così imperfetta
nella quale mi discerno
alle loro facce
dentro la mia faccia
nelle quali sorrido.

venerdì 6 febbraio 2015

Quella che chiamano con diversi nomi






Sono il disordine.
Il disordine totale.
Una babilonia in cui si annienta ogni intenzione, dove perfino l'artefice più accurato e ostinato si perde nei suoi labirinti, abbandonando l'idea della riuscita. Padrona di un groviglio sempre più aggrovigliato. Di un controllo ingovernabile.
Di impulsi e di sensi, in un'accozzaglia di ragioni e percezioni, che decapitano pensieri e tarli dei buoni propositi.
Danza immor(t)ale tra armonia e crollo. Tra rinuncia e consenso.
Sono un mistero non risolto, l'eterna bambina, la perpetua madre, l'infinita Donna.
Sono l'ombra della luna, la strana forma di una nuvola, il vento che mi asciuga, l'asterisma di una costellazione.
Sono quella che guida le maree, roccaforte e focolare domestico.
Essenza selvatica, persa in un tempo che mi scappa dalle mani come lacrime di pioggia.
Sono la baracca della mia anima, dove mi riparo quando piove troppo forte.
Sono il recinto delle mie insicurezze. Il divisorio delle mie paure.
Quella che chiamano con diversi nomi.
Un nuovo cammino.
Una nuova fermata.
Un solo ciao.

sabato 31 gennaio 2015

Uno scarabocchio.

Era novembre.
Mi hai passato un foglietto stropicciato.
Mi hai detto: "scrivi qualcosa per me".
Ti ho osservato, distratta, col mio moods fra le dita e una piega di disappunto sulle labbra.

- "Qualunque cosa. Qualcosa di tuo da leggere in un momento d'incertezza, di sconforto, di solitudine, che mi rammenti di te" - mi hai detto.

Ho continuato a guardarti.
Ho preso il foglietto e una biro rossa tra le mie cose sparse in borsa.
- "Ho scritto". - Ti ho detto.

Uno scarabocchio.
Uno sgorbio di colore rosso. 
Un aborto di scrittura.
Una pretesa.

Mi hai guardata. Incerto.

- "Cosa dovrei leggere in questo coso? " - hai detto.
- "Tutto. Quando avrai imparato a leggere quel coso, avrai capito tutto di me". - ho detto io.

Incredulo e rassegnato hai acceso una sigaretta e hai continuato a guardarmi.
Hai preso il biglietto spiegazzato e lo hai riposto nel portafoglio.

- "Sei una stronza, lo sai vero?"
- "Lo so. Vero."

Petite

domenica 25 gennaio 2015

Numero 5227

Un altro cielo da attraversare, mentre il freddo ti attraversa la faccia, fra nuvole incerte negli occhi di brina, un sole ingannevole che ti fa una smorfia.
Hai preso in prestito le ali oggi.
Ma oggi tu non vuoi volare.  
Equilibrista squilibrato nel trapezio della vita, a forza di prendere fiato, hai perso il fiato.
Seduto al tuo posto, un numerino che ti identifica: 5227.
A farti compagnia c'è un'ombra che ti somiglia.
È nera, come il tuo umore. Come la sfiga.
Ti ricorda che la vita ti ha sequestrato, ed ora ti chiede il riscatto.
Un prezzo troppo alto da pagare: la tua libertà.
Hai svenduto i tuoi peccati ad un sogno traditore, che ti ha barattato al miglior offerente per poche sigarette e una bottiglia di whisky.
Ora sei qui che ti conti le dita e i chilometri, mentre aspetti che decollino le paure.
Hai membra stanche e qualche ruga in più agli angoli della bocca, polmoni pieni di fumo a raccogliere respiri lenti.
Ti guardi intorno alla ricerca della tua identità.
Non la trovi.
Hai un biglietto di andata e ritorno.
E, un buon motivo per tornare.

Petite

venerdì 23 gennaio 2015

Ho confuso la base con l'altezza.




Una forma indeformabile, come un triangolo.
Tu con i tuoi angoli piatti, e, i tuoi lati buoni e meno buoni, a delimitare una superficie chiusa. Nessuna via di fuga.
Irregolare quanto basta. Immutabile.
Ho confuso la base con l'altezza.
Cercavo di calcolare l'area, ho sbagliato formula. 
Sembra facile.
Moltiplicare la base per l'altezza e dividere il risultato per due.
Ma quando non si conosce bene la misura dell'altezza, ma solo la lunghezza dei suoi lati. Che si fa?
Io che non sono brava né in matematica né in geometria.
Negli angoli ottusi della tua mente, ho scoperto i miei limiti.
Io che pensavo per due.
"Due triangoli sono congruenti se soddisfano almeno uno dei criteri di congruenza."
Se.
"Due triangoli si dicono simili se soddisfano almeno uno dei criteri di similitudine".
Se.
Per verificare se due triangoli sono o no congruenti, non è necessario sovrapporli.
No. Non è necessario.
Ecco. Noi siamo simili. Non congruenti.
Adeguati. Conformi. Ma, simili.
Teorema difficile per due che si amano.